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Displasia dell’anca

La Patologia

La Displasia dell’Anca (CHD Canine Hip Dysplasia) è una patologia che colpisce l’articolazione coxo-femorale, descritta per la prima volta nel 1935 da Schenelle. Si tratta di una malattia molto seria che può compromettere anche gravemente la qualità di vita del soggetto colpito.
Nello specifico si tratta di una patologia dell’accrescimento che genera incongruenza e lassità dei capi (o elementi) articolari, che sono la testa del femore e acetabolo. L’instabilità dovuta alla malformazione produce movimenti abnormi e quindi attriti e sollecitazioni tra gli elementi articolari che in una articolazione sana non sono presenti. In una articolazione sana i movimenti sono fluidi e armonici grazie alla capsula articolare e al liquido in essa contenuto (liquido sinoviale) che funge da lubrificante.
Nell’articolazione malformata il carico biomeccanico alterato diventa responsabile di diverse lesioni, a partire dall’erosione delle capsula articolare, fibrosi, fino a processi artrosici deformanti (ulteriore deformazione dell’articolazione) con presenza di osteofiti (escrescenze ossee a forma di becco sulle superfici articolari, da considerare come una reazione del tessuto osseo ai processi erosivi).

La malattia ha origine nell’età dello sviluppo del cucciolo, tra i 4 e i 12 mesi, e il suo progressivo decorso è degenerativo nella maggior parte dei casi,  in alcuni casi meno gravi si nota una certa stabilità della malformazione. A causa di questi processi degenerativi, il soggetto colpito arriva a percepire dolore nel movimento e quindi  a subire una limitazione motoria.
Generalmente si manifesta agli occhi dei proprietari in età adulta quando l’artrosi e il conseguente dolore diventano rilevanti, ma nei casi medio-gravi si possono notare già i primi sintomi anche a partire dai 4/5 mesi. Una prima diagnosi dell’HD avviene attraverso esami clinici e ortopedici. Nella maggior parte dei casi la sintomatologia consiste in zoppie di vario genere, eccessiva spossatezza nel caso del cucciolo, andatura a coniglio (bunny hopping), anche schioccanti (clunking hips), posture abnormi nell’andatura (falsa cifosi) con estensione del garretto, difficoltà nell’estensione completa delle zampe posteriori. Si procede quindi con un esame radiografico specifico che mette in evidenza i vari processi degenerativi di cui sopra.

Vi sono diversi tipi di approccio terapeutico all’HD, e dipendono dall’età del soggetto, lo stato di gravità della patologia, la coesistenza di altri disturbi e non ultimo le disponibilità economiche del padrone dell’animale.

Nel caso di lieve HD, in animali adulti, si applica una terapia conservativa che ha per obiettivo evitare l’ulteriore degenerazione. A questo scopo si applicano
trattamenti di fisioterapia volti a rinforzare la massa muscolare che interessa l’articolazione. Un consistente sviluppo del tono muscolare compensa in una certa misura l’instabilità dovuta alla malformazione, riducendo i giochi dovuti alle incongruità tra gli elementi. L’allenamento deve essere correttamente calibrato per non esasperare i processi infiammatori tipici della malattia. Le attività con maggiore riscontro di beneficio in tal senso sono il nuoto e le passeggiate controllate.  In quest’ottica, per ovvi motivi, si persegue anche una riduzione del peso corporeo, più o meno consistente a seconda dei casi.

Nel caso di cani giovani (inadatti ad allenamento muscolare) che non presentino particolare gravità si applica una
terapia farmacologica attraverso la somministrazione di antinfiammatori (non steroidi), spesso congiunti a condro-protettori e altri tipi di integratori alimentari. La terapia farmacologica non è unanimemente apprezzata in quanto molti veterinari sostengono, oltre agli effetti collaterali di tipo gastrico e urinario, che tali farmaci potrebbero essere anche responsabili di un’accelerazione del processo degenerativo. Sicuramente positivo l’utilizzo dei soli condro-protettori.

Esiste poi lo scenario dell’approccio chirurgico, scenario alquanto ampio di soluzioni spesso controverse. Le tecniche chirurgiche si dividono in due gruppi, quelle correttive e quelle di salvataggio.

 

Quelle correttive sono:

la sinfisiodesi pubica:
Questo intervento viene eseguito nei cuccioli entro i 5 mesi di età, migliora la congruenza articolare facendo sì che gli acetaboli coprano meglio le teste femorali. È in grado di correggere o limitare lo sviluppo della displasia dell’anca e quindi di prevenire la degenerazione secondaria dell’articolazione. La sinfisi pubica è la cartilagine che collega il lato destro e sinistro del bacino; quando un cane diventa adulto si trasforma in tessuto osseo e unisce le due metà del bacino in modo permanente. L’intervento consiste nel sigillare prematuramente la sinfisi pubica, il che fa ruotare verso il basso e in avanti le cavità aceta bolari, che in questo modo coprono meglio le teste del femore, stabilizzando l’articolazione.

La triplice osteotomia pelvica:
Questo intervento è indicato per i cani molto giovani (8-18 mesi), con displasia dell’anca ma senza presenza di artrite degenerativa. Consiste nel tagliare le ossa attorno all’acetabolo in tre punti diversi per isolare l’articolazione, riposizionarlo in modo che contenga meglio la testa del femore e mettere una placca per fissarlo in posizione adeguata. Questo intervento non è efficace se il cane ha già sviluppato artite/artosi o comunque è troppo vecchio. Questo è comunque un intervento che richiede un chirurgo ortopedico con vasta esperienza. Dopo l’intervento sono previsti 3 – 4 mesi di esercizio controllato, inoltre le camminate al guinzaglio non sono ammesse per 2 mesi, se non molto brevi solo per i bisogni.

L’artroplastica DAR:
“DAR” è una sigla che indica il bordo acetabolare dorsale e dà il nome a questa procedura, che consiste nel prelevare innesti ossei da altre aree del bacino e utilizzarli per costruire un bordo acetabolare più ampio, in modo che la testa del femore abbia una cavità più profonda su cui inserirsi. Questa procedura è più indicata in cani che hanno appena iniziato a sviluppare l’artrite degenerativa e non possono quindi essere sottoposti alla triplice osteotomia acetabolare. Si può eseguire in cani fino a 12-13 mesi di età, ma preferibilmente a 8-10.

 

Le tecniche di salvataggio sono:

l’osteoctomia della testa del femore:
Questo intervento è più indicato nei cani di piccola taglia. Si taglia e si asporta la testa del femore, permettendo all’articolazione di guarire come una pseudo giuntura (si forma una capsula che collega le due ossa, ma non avviene più un effettivo contatto osseo). Se l’anca non deve sopportare un peso corporeo troppo elevato, questa pseudo-articolazione è abbastanza forte da sostenere il tutto. Più il cane è attivo, più la giuntura si forma rapidamente. L’animale in genere rifiuta di usare la gamba per le prime 2 settimane, pertanto lo si deve forzare a farlo, ad esempio con la fisioterapia. Il pieno utilizzo della zampa operata si osserva in genere dopo 4-6 settimane. La zampa dovrebbe essere quasi completamente funzionante dopo un paio di mesi. Questo intervento chirurgico è in genere meno costoso di altre procedure.

La protesi all’anca:
Questa procedura è adatta a cani che presentano modifiche degenerative dell’articolazione così gravi da essere invalidanti; è un intervento che può sembrare radicale, ma viene eseguito da 20 anni con ottimi risultati. L’intervento consiste nel sostituire l’intera articolazione con una protesi. Dopo l’intervento il cane deve restare a riposo per circa 3 mesi. Di solito, anche se entrambe le articolazioni hanno problemi, si procede con una zampa alla volta e spesso il cane recupera così bene tanto da non aver bisogno di fare l’intervento anche sul lato opposto.

Origini e cause

Qual è l’eziologia della Displasia dell’Anca? Ovverosia quali sono le sue origini e a che cosa è dovuta?
La risposta a questa domanda non è propriamente semplice, e da questo ne deriva che in circolazione ci sono molte convinzioni errate dovute in alcuni casi ad un approccio superficiale all’argomento, in taluni dovuti ad una vera e propria faziosa interpretazione di alcuni concetti insiti in questa risposta. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.

La Displasia dell’Anca è per definizione scientifica una patologia poligenica e multifattoriale. Questo significa che la sua origine e il suo sviluppo sono dovuti a:
– una componente genetica complessa: molti sono i geni coinvolti, di diversa natura e interazione
– diversi fattori concomitanti: fattore genetico/ereditario di cui sopra, in connessione con diversi fattori ambientali.

Sulla base di questa definizione si sono sviluppate diverse convinzioni errate e fuorvianti. La più infondata è quella che la Displasia dell’Anca sarebbe dovuta quasi esclusivamente a fattori ambientali. La più diffusa vuole che la patologia trovi origine e sviluppo in un binomio inscindibile tra fattore genetico e fattore ambientale, in cui quest’ultimo sarebbe la componente più rilevante con rapporto tra i due espresso in percentuali: 20/30%= genetica, e 70/80%= fattore ambientale.
Il confine con la corretta interpretazione delle definizioni scientifiche è molto sottile ma come vedremo di rilevanza notevole. Innanzitutto è necessario fare un distinzione fondamentale al fine di venire a capo del problema interpretativo: è imperativo considerare l’origine e la predisposizione alla malattia separatamente dal suo sviluppo e dal suo livello di gravità:
La predisposizione alla displasia dell’Anca trova origine sempre e solamente nel patrimonio genetico, dovuto ad un fattore ereditario (100%). Questa importante nozione è stata ritenuta valida anche in relazione all’ambito medico legale.
Lo sviluppo della patologia, la sua modulazione e quindi la gravità della sua espressione sono dovuti all’interazione tra, lo stesso patrimonio genetico da cui ha origine (predisposizione), e diversi fattori ambientali. In relazione all’espressione fenotipica della patologia è allora si corretto esprimere il famoso rapporto (20/30% – 80/70%) tra fattore genetico e fattore ambientale.

Vien da se quindi che il fattore ambientale può solo scatenare o aumentare una patologia già esistente a livello di patrimonio genetico ereditato come predisposizione.
Un soggetto geneticamente sano NON subisce il rischio del fattore ambientale mentre è il cane geneticamente predisposto che ne risente.
Questa importante rilevanza è stata appurata in modo scientifico. Ho avuto occasione di partecipare a diversi convegni sull’argomento, in particolare in uno di questi il Dr. Pedrani (centrale di lettura CELEMASCHE) esponeva alcuni casi di studio scientifico, tra i quali mi è rimasto impresso il seguente: un pluricampione proveniente da una linea di sangue pregiata venne radiografato come prassi poco dopo i 12 mesi risultando esente (HD A 0/0), come la maggior parte dei suoi ascendenti diretti e collaterali. Nel corso della vita questo cane gareggiò ad oltre 80 prove di lavoro e fu sottoposto nuovamente a esame radiografico all’età di 8 anni. Il soggetto a parte qualche segno di artrite dovuto all’età aveva l’articolazione coxo-femorale ancora perfettamente conformata, e secondo i parametri di classificazione sarebbe stata ancora definita HD A 0/0.

Ma quali sono questi famigerati fattori ambientali che possono determinare in un soggetto geneticamente predisposto, la differenza tra una leggera e una grave HD?
Principalmente sono il tipo di sollecitazioni motorie a cui il cucciolo è sottoposto nella fase della crescita e l’alimentazione ma più probabilmente sono una complessa interazione di questi due fattori. Nel cucciolo è presente in modo naturale una certa lassità articolare, propria della fase della crescita, che espone allo sviluppo della malattia nei soggetti predisposti. Per esempio superfici scivolose obbligano i cuccioli a compiere movimenti che sollecitano in modo abnorme l’articolazione coxo-femorale, come anche estensioni estreme (scale) e attività motoria eccessiva.  Da considerare è anche lo sviluppo muscolare in quanto una sana ed equilibrata attività fisica nel cucciolo che produca un ottimo tono muscolare, riduce le sollecitazioni biomeccaniche dell’articolazione e quindi igli eventuali processi degenerativi. Per contro un cucciolo che sviluppa poco il tono muscolare risentirà in modo maggiore di queste sollecitazioni.

Una alimentazione scorretta può gravare in questo senso in due modi: il sovrappeso ha un evidente effetto sulle sollecitazioni, carenze e squilibri di elementi nutrienti possono rendere più facilmente degenerabili le parti interessate geneticamente dalla malformazione. In questo senso il fattore che sembra avere una rilevanza notevole è il rapporto tra il calcio con tutti i processi metabolici che lo vedono coinvolto e la vitamina D. Sono da ritenersi dannosi eccessi di calcio mentre sono da ritenersi positive diete ricche di vitamina D.